Dopo l'incontro fatidico del 1860, gli americani impegnarono pochi anni a rendersi conto delle potenzialità del loro pugilato e dopo il 1873 con Tom Allen si procurarono e mantennero quasi incontrastati la cintura d'oro di campione del mondo. Siamo ormai alle soglie del pugilato moderno. Pochi anni dopo infatti, nel 1886, il Governo inglese proibì la boxe. Non per caso o per capriccio. Bisogna ricordare che i combattimenti avvenivano a mani nude, con durata illimitata e con il diritto per chi cadeva di disporre di 30 secondi per rimettersi in condizione di continuare ed altri 8 per riportarsi al centro del ring. È chiaro quanta cura fosse dedicata alla faccia ed alle mani per poter resistere ai colpi più violenti (ricordiamo Tom Cribb) e come si preferiva portare i colpi contro le parti più molli. In queste condizioni l'incontro poteva durare molto a lungo, anche più di sei ore come avvenne a Melbourne; l'ultimo campione del mondo (a pugni nudi) fu John Sullivan vincitore su Jake Kilrain dopo un match di 2h 16'23". Si deve al marchese di Queensberry lo studio di norme per i combattimenti tra dilettanti, tra, cui la suddivisione dell'incontro in combattimenti di 3 minuti intervallati da 1 di pausa. Riammesso il professionismo, con le mani guantate, J. Sullivan difese nel 1892 il suo titolo contro James J. Corbett, vincitore dopo ben 21 riprese. I combattimenti si erano mantenuti ad oltranza e l'anno dopo un incontro fu interrotto solo dopo 7 ore e 19 minuti, ovvero ben 110 riprese, ma solo per l'oscurità! Dal 1900 infine anche questo residuo di tempi “eroici” scomparve con l'introduzione del punteggio. Al primo campione del mondo con i guanti, James J. Corbett, vincitore su J. Sullivan per fuori combattimento (K.O.), successe Bob Fitzsimmons cinque anni dopo. Si dice che dopo questa sconfitta i genitori di Corbett si suicidarono, per la perdita del patrimonio familiare puntato sulla vittoria del figlio. In quei tempi la passione per il pugilato era intensissima e grandi interessi giocavano intorno ai pugili, mentre i più accesi tifosi facevano baldoria intorno al quadrato. A trentasette anni Fitzsimmons perse il titolo con James Jeffries che si ritirò imbattuto. Dopo di lui venne Tommy Burns, poi Jack Johnson, poi ancora Jess Willard, un gigante paragonabile a Camera. È il momento di Jack Dempsey, il cui vero nome è William Harrison. Inizia la sua storia di campione mondiale con la caratteristica forza, massacrando in sole due riprese il gigantesco Jeffries. Continuando, per ricordare qualche nome, con Firpo che dopo esser riuscito a scaraventarlo (!) fuori dal quadrato, fu messo fuori combattimento; con Carpentier, con Tunney stesso che pur rivelatesi superiore fu costretto a subire il conteggio per ben 9 secondi, Tunney, tattico e stilista eccezionale, riuscirà a confermare la sua superiorità una seconda volta in un incontro indimenticabile, se non altro per l’incasso di due milioni e mezzo di dollari di allora. Questo pugile è un esempio di come il pugilato possa essere non solo espressione di forza, tenacia, ma anche d'intelligenza. Anche europei furono campioni del mondo: il tedesco Schmeling, Sharkey, il nostro Carnera. Dopo vennero Max Baer, James J. Braddock (ricordando il film Cindarella men) e Joe Louis. Come Dempsey, Joe Louis Barrow è stato una pietra miliare nella storia del pugilato per delle caratteristiche, come la morigeratezza, la serietà, la costanza che gli hanno permesso una lunga vita agonistica. Come Dempsey aveva un vero istinto del pugilato: era un picchiatore, aggressivo e veloce, dotato di una tecnica eccellente. Fu anche, bisogna dire, un prototipo della scuola americana, severa, basata sulla, potenza, sul gioco di gambe e sull'abilità schermistica.
Dopo l'incontro fatidico del 1860, gli americani impegnarono pochi anni a rendersi conto delle potenzialità del loro pugilato e dopo il 1873 con Tom Allen si procurarono e mantennero quasi incontrastati la cintura d'oro di campione del mondo.
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