Dal Diario del garibaldino Carlo Margolfo, sulla distruzione di Pontelandolfo (Benevento) edito a cura di Laura Meli Bassi e Gino Fistolera: “Al mattino del mercoledì, giorno 14, riceviamo l'ordine superiore di entrare nel comune di Pontelandolfo, fucilare gli abitanti ed incendiarlo. ...Difatti un po' prima di arrivare al paese incontrammo i briganti attaccandoli, ed in breve i briganti correvano davanti a noi. Entrammo nel paese: subito abbiamo incominciato a fucilare i preti ed uomini, quanti capitava, indi il soldato saccheggiava, ed infine abbiamo dato l'incendio al paese, abitato da circa 4.500 abitanti”.
Fucilazione di Vincenzo
Petruccelli “Quale desolazione!”, ricorda il bersagliere con raccapriccio: “Non
si poteva stare d’intorno per il gran calore, e quale rumore facevano quei
poveri diavoli che la sorte era di morire abbrustoliti, e chi sotto le rovine
delle case. Noi invece durante l’incendio avevamo di tutto: pollastri, pane, vino
e capponi, niente mancava, ma che fare? Non si poteva mangiare per la gran
stanchezza della marcia di 13 ore: quattordicesima tappa. Fu successo tutto
questo in seguito a diverse barbarie commesse dal paese di Pontelandolfo:
sentirete, un nido di briganti…” Come andassero intesi questi “briganti”.
Banditi? Patrioti? L’uno e l’altro? Eppure, di questa e di altre migliaia di
pagine come questa vengono taciute, nascoste! La banda Giordano - Cerreto
Sannita. Brigante Carmine Crocco "E intorno a noi il timore e la
complicità di un popolo. Quel popolo che disprezzato da regi funzionari ed
infidi piemontesi sentiva forte sulla pelle che a noi era negato ogni diritto,
anche la dignità di uomini. E chi poteva vendicarli se non noi, accomunati
dallo stesso destino? Cafoni anche noi, non più disposti a chinare il capo.
Calpestati, come l'erba dagli zoccoli dei cavalli, calpestati ci vendicammo.
Molti, molti si illusero di poterci usare per le rivoluzioni. Le loro
rivoluzioni. Ma libertà non è cambiare padrone. Non è parola vana ed astratta.
È dire senza timore, È MIO, e sentire forte il possesso di qualcosa, a
cominciare dall'anima. È vivere di ciò che si ama. Vento forte ed impetuoso, in
ogni generazione rinasce. Così è stato, e così sempre sarà..." – Carmine Crocco
Giuseppe Nicola Summa (Ninco Nanco) Il brigante Cateno Martucci (Banda Muro
Lucano) Brigantessa Michelina De Cesare (Banda Muro Lucano) Brigante e
Brigantessa Brigantessa Filomena Pennacchio Brigantesse Esistono retoriche e
simbologie assai efficaci a catturare l'animo umano. Fra queste, la retorica di
guerre patriottiche e nazionalistiche che si basa sul racconto di eventi
storici che suscitano orgoglio, commozione e senso di trascendenza morale. Per
ottenere questo risultato, le autorità si mostrano disposte anche a mistificare
gravemente i fatti, creando falsi eroi o false imprese eroiche. E' il caso
degli eventi che portarono all'unità d'Italia, passati alla storia come
"Risorgimento italiano". A scuola ci hanno raccontato una montagna di
bugie, ci hanno fatto credere che tutti gli italiani volevano l'unità, unico
obbiettivo era quello di cacciare dal Sud i Borbone, oppressori e tiranni.
Questa è la più grande menzogna architettata a pennello per giustificare uno
tra i più gravi genocidi della storia moderna, forse anche più del Nazismo.
Personaggi come Garibaldi, Bixio, Cavour, Vittorio Emanuele II, non è
un'esagerazione, oggi, alla luce delle verità storiche, paragonarli ai più
spietati gerarchi nazisti. In una lettera mandata da Bixio alla moglie si legge:"
La Sicilia è un Paese che bisognerebbe distruggere e mandarli in Africa a farsi
civili". Certamente Cavour non aveva nessuno interesse a migliorare le
condizioni del Sud, visto che lui apparteneva all'aristocrazia piemontese, la
sua famiglia era tra le più ricche del Piemonte. Mentre, l'unico progetto di
Vittorio Emanuele era quello di distruggere una tra le più grandi potenze
europee, il regno borbonico e spogliare il Sud di tutti i suoi averi e così fu!
E con quali nazioni si allea? Inghilterra e Francia. Ma di questo si discuterà
in altra sede. Lo sbarco di Marsala dell'11 Maggio 1860, in realtà fu favorito
dalla flotta inglese, ormeggiata nel porto di Marsala. Tra i garibaldini
c'erano ogni sorta di criminali, come aveva scritto lo stesso Garibaldi, Crispi
arruolava di tutto: ladri, assassini, stupratori e delinquenti di ogni genere.
Lo stesso Garibaldi, prima che venisse definito dalla propaganda "eroe dei
due mondi" era considerato un criminale avendo praticato il traffico di
schiavi, il saccheggio e il massacro indiscriminato in guerra. Così, l'impresa
dei mille fu la più grande bugia storica mai raccontata: i Borbone avevano un
esercito composto di 250. 000 mila soldati, ma in Sicilia ne mandarono circa
2500, probabilmente con l'ordine di non combattere. Le grandi vittorie contro
l'esercito borbonico furono pura invenzione. Gli sconfitti, in realtà furono
contadini e pastori siciliani, calabresi, lucani, napoletani, pugliesi,
molisani e abruzzesi. Guarda caso, dell'impresa dei Mille non si sa praticamente
nulla, se non le favole da raccontare ai bambini prima di dormire. Nel febbraio
del 1861 fu dato incarico ad Ippolito Nievo, che era il responsabile
amministrativo della missione dei mille, di recuperare la documentazione in
merito e portarla a Torino, ma stranamente la nave che la trasportava
affondò... E così, la documentazione rimase sepolta per sempre in fondo al
mare...! Ma il genocidio di un intero popolo arrivò al culmine proprio a
partire dello sbarco di Marsala: interi paesi furono bruciati, saccheggiati,
centinaia di migliaia di povera gente fu trucidata senza pietà. A Fagnano
Castello, in provincia di Cosenza, per esempio, furono fucilati in piazza 160
contadini solo perchè erano sospettati di essere imparentati con i briganti.
Nel carcere di San Sosti (CS) vennero ammassati decine di briganti e sospettati
di brigantaggio in spazi angusti, condizioni sovrumane, tanto che in un
comunicato dello stesso Fumel si legge: “sarebbe il caso di sgomberare le
galere del Municipio di Santo Sosti dal momento che i topi hanno incominciato a
mangiare i detenuti e si sente un gran fetore anche a molta distanza”. Con il
termine “sgomberare” Fumel intendeva certamente, non liberare i detenuti.
Pontelandolfo, Fagnano e San Sosti sono solo tre esempi di sterminio
indiscriminato e ingiustificato che i criminali garibaldini prima e l’esercito
di occupazione piemontese poi portarono a termine nel Sud della Nostra
Penisola. L’unità dell’Italia è basata su un mare di sangue, il sangue di
contadini e pastori che, che la storia ufficiale ha chiamato “Briganti” ma che
in realtà era la povera gente che difendeva la loro terra la loro casa, la loro
famiglia dall’invasore straniero. All’inizio del Novecento era più di un
milione di morti il bilancio della cosiddetta "guerra per l'unità".
LA STRAGE
DI FAGNANO CASTELLO E SAN SOSTI:
PIETRO FUMEL UN DEMONIO CHE LA STORIA HA PRESENTATO COME UN EROE Il genocida
garibaldino Pietro Fumel L’esercito invasore savoiardo o neo-italiano nel
tentativo di reprimere chiunque non accettasse di buon grado l’invasione e la
vessazione italiana, decise di sedare le ribellioni di intere città dove le
popolazioni si erano permesse di ribellarsi alle sevizie e all’arroganza dei
soldati conquistatori, all’oppressione fiscale dei politici italiani da poco
insediatisi ma già abbondantemente farabutti. Così si diede sfogo ai più bassi
istinti su popolazioni inermi con decapitazioni, sevizie, roghi umani e tutto
ciò che l’immaginazione di questi “eroi” creava si trasformata in realtà ed ha
dato origine a una delle infinite pagine ingloriose dell’esercito italiano
incapace di vincere con i forti ed arrogante e forte con i deboli. Una pagina
che gli storici si ostinano a chiamare “risorgimento”. Si censurò la vera
storia e non per vergogna, ma per la paura che in Europa si sapesse che quello
che si definiva “lotta al brigantaggio” era solo una sporca guerra di conquista
combattuta non con un esercito ad armi pari ma con un esercito di contadini
straccioni che volevano solo difendere quello che era loro. Ricordiamo che a
tutt’oggi l’esercito proibisce l’accesso pubblico ai loro archivi storici. Si è
trattato di un vero e proprio genocidio attuato su ordini ben precisi e
compiuto contro i popoli del sud della penisola italica. Successivamente alla
nefasta unità d'Italia, si accese una violenta risposta del popolo
all’occupazione militare del Regno perché tutti si accorsero che la situazione
era profondamente peggiorata. E così l’esercito invasore rispose con i suoi
uomini peggiori “i macellai” come il col. Pietro Fumel che fu mandato in
Calabria (nel Cosentino) per domare il "brigantaggio". E la
repressione attuata da Fumel fu spietata, perché usò i metodi più estremi per
eliminare i partigiani delle Due Sicilie, ricorrendo alla tortura e al terrore,
senza distinzioni tra "briganti" e "manutengoli" o presunti
tali e a prescindere dalla minima osservanza di qualsiasi garanzia legale o
umana. Briganti uccisi Uccisione del Brigante Santaniello Uccisione del
Brigante Ninco Nanco Uccisione del Brigante Antonio Caprariello Le vittime
venivano decapitate e le loro teste venivano impalate come avvertimento per chi
aderiva o appoggiava le "bande brigantesche" , altri cadaveri
venivano gettati nei fiumi. Persino il suo più stretto collaboratore,
l'ufficiale Auguste de Rivarol, rimase sconcertato dalle azioni di Fumel, tanto
da annotare nelle sue memorie (Nota storica sulla Calabria) i suoi pensieri
sulle atrocità volute dal colonnello. Il deputato Giuseppe Ricciardi disse alla
Camera il 18 aprile 1863: «Questo colonnello Fumel si vanta d'aver fatto
fucilare circa trecento briganti e non briganti». Anche il macellaio
garibaldino di Bronte Nino Bixio ebbe a dire: ‘Si è inaugurato nel Mezzogiorno
d’Italia un sistema di sangue’. Ma balzò agli onori (e disonori) della cronaca
nell’inverno del 1863 a causa della fucilazione di un centinaio di cittadini di
Fagnano Castello ritenuti briganti dalle forze armate. Erano tutti briganti?
Certamente molti erano poveri contadini inermi, di 27 cittadini fucilati sono
stati ritrovati i certificati di morte ed erano alcune personalità della
comunità fagnanese che godevano di indubbia onorabilità come l’ex sindaco
nonché notaio e un paio di possidenti terrieri. In una lettera del carceriere
garibaldino Francesco Fenoglio a Giuseppe Ricciardi si legge: “Faccio fatica a
chiudere le porte delle gabbie perché sono troppi i galeotti stipati. I topi e
le blatte hanno incominciato a nutrirsi della carne di questi poveri diavoli.
Si sente un fetore nauseante anche a molta distanza della galera. Ho dovuto passare
la calce cruda per tentare di coprire il puzzo insopportabile. Ho inviato una
lettera anche al Colonnello Fumel di stanza a Fagnano”. La risposta di Fumel
non si fece attendere a lungo. I carcerati vennero decapitati a colpi di
accetta come bestie, i loro corpi furono bruciati in un grande rogo nello
spiazzo dove attualmente sorge il palazzo municipale e le teste impalate
all’inizio del paese come avvertimento. Una ricerca nell’archivio storico del
comune di San Sosti, condotta grazie alla disponibilità ed alla collaborazione
della Signora Gilda Daniele ha accertato che nei mesi tra Febbraio e Marzo 1863
i morti residenti furono 20: 18 contadini, un falegname, un armiere. Molti
altri non sono rintracciabili poiché provenienti dai comuni vicini. A distanza
di oltre 152 anni il 16 agosto 2015 Fagnano ha ricordato le vittime
dell’assurda barbarie piemontese con una targa posta in loro onore nella
speranza che ciò possa almeno dare loro un poco di sollievo a queste povere
anime. Oggi che conosciamo la nostra storia abbiamo l’obbligo morale e
identitario di lottare per ricostruire l’appartenenza al nostro territorio,
identità che fù strappata, squartata, disonorata nel momento in cui avvenne
l’invasione garibaldesca e savoiarda.
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