CHI SONO

Mi chiamo Antonio Maoggi sono un fiorentino nato sotto le bombe dell’ultima guerra, da ragazzo avevo grandi sogni di scrivere, ma bisognava andare a lavorare per aiutare la famiglia e, questo è successo, però la passione è rimasta, ma lavoro, famiglia e figli me lo hanno impedito. Una volta libero come pensionato ho preso carta, penna ed ho cominciato a scrivere e non mi sono fermato più e tutt’ora sto scrivendo l’ultimo racconto. I miei lavori sono tutti inseriti in questo blog in basso sulla fascia lateralmente a destra e, se qualcuno fosse interessato, basta che lo comunichi, e tramite mail che vorrete cortesemente comunicarvi, invierò gratuitamente il racconto in formato PDF, poiché scrivere è fantastico, ma essere letto lo è ancora di più! mascansa@outlook.it

sabato 30 marzo 2024

PER NON DIMENTICARE MA!

Ci sono storie che vengono raramente raccontate.

Quella delle donne costrette a prostituirsi nei lager è una di queste.

Si trattava per la maggior parte di giovani tedesche, ma vi erano anche donne dell’Europa orientale. Praticamente nessuna superava i 25 anni di età.

Dislocate in nove bordelli, siti in altrettanti campi di concentramento e sterminio, provenivano perlopiù dal lager di Ravensbrück e in misura minore da Auschwitz.

Era stato Himmler in persona a decidere la destinazione di specifici edifici all’interno dei lager a questo uso, convinto che la presenza delle prostitute avrebbe migliorato la produttività di alcuni specifici gruppi di internati. Sostanzialmente i nazisti riproponevano lo stesso schema già usato dal 1939 in Germania e nei territori occupati, dove erano sorti bordelli dedicati ai soldati della Wehrmacht e alle SS.

Le prime donne destinate alle case chiuse dei lager erano spesso quelle internate precedentemente come “antisociali”. Molte di loro erano costrette con la forza a prostituirsi, altre venivano blandite con promesse relative a migliori condizioni di vita e più cibo; tutte erano prima oggetto di violenze da parte di alcune SS che ne dovevano “saggiare” le “qualità sessuali”.

Le giovani destinate ai bordelli dovevano comunque lavorare per parte della giornata e se ricevevano dosi maggiori di cibo e migliori condizioni di vita era solo perché servivano ad appagare gli istinti di chi le utilizzava come strumenti di piacere.

Tutte le promesse legate alla loro liberazione venivano sistematicamente disattese.

Oltre alle donne tedesche e dell’Europa Orientale vi erano anche donne ebree, rom e sinti considerate particolarmente belle le quali vennero selezionate al loro arrivo, non tanto per i bordelli comuni quanto per essere date in pasto agli ufficiali delle SS che le utilizzavano come prostitute personali, violando le leggi che proibivano rapporti con non ariani.

La morbosa osservazione dei corpi femminili durante le ispezioni, gli esercizi fisici, perfino lo spionaggio delle attività sessuali dei prigionieri, nei bordelli e nelle baracche, erano attività praticate quotidianamente dalle guardie. Oltre alle ragazze avviate alla prostituzione, molte donne e molti uomini furono costretti a concedersi ai propri aguzzini o ad altri prigionieri solo per non venir malmenati o per ottenere quel poco cibo necessario per sopravvivere.

Le prostitute dei lager difficilmente raccontarono la propria storia, spaventate da una morale comune che avrebbe preferito additarle come “puttane” più che come ennesime vittime della follia nazista.

Sia la Germania Est che quella Ovest negarono a queste donne risarcimenti morali e materiali, ma soprattutto negarono loro la memoria che ma soprattutto negarono loro la memoria che meritavano al pari di tutti gli altri perseguitati dei lager.



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