Questo scrittore è un uomo maturo sessantasei anni e, nei suoi scritti si legge anzitutto la sua fiorentinità e il periodo storico in cui pone le sue vicende, uomo sicuramente molto colto, dalla scrittura scorrevolmente corretta, episodi carichi di nozionistica, poiché non ha vissuto il ventennio fascista, come al contrario lo ha vissuto il suo commissario.
Tradotto in molte lingue ha evidentemente un grosso seguito sia nei paesi anglosassoni che in quelli latini, piace il suo essere toscano e scrivere su una delle città più belle del mondo, patria della cultura rinascimentale, ed ora passo a scrivere cosa ne penso io sull’unico suo romanzo che ho letto.
480 pagine sono molte, sia per un norie che per un giallo classico, si inizia a leggerlo un po' svogliati, ma dopo qualche pagina intriga, si vive la sua incapacità nel risolvere dei casi che lui fa suoi, questo chiaramente con poca professionalità a causa del suo coinvolgimento emotivo, ma a mio avviso essendo un latino è del tutto verosimile che si faccia implicare; per il mio modo di leggere, quindi opinabile e del tutto contestabile, il libro si perde con la storia scritta in corsivo, dell’amico coinvolto con i servizi deviati che sempre a mio modesto parere è molto lunga, dopo di che, abbiamo una cena fra amici che coinvolge vari capitoli, allungandosi con le conseguenti storie di tutti i commensali, la sua poca originalità mi ha portato alla mente il libro di Edmondo De Amicis “Cuore” dove c’è la storia di una scuola, con i suoi alunni, maestri, maestre, genitori e bidelli, storia che viene intersecata dai vari inserti: sangue romagnolo, la piccola vedetta lombarda ecc.
La parte del commissario Bordelli nell’esercizio delle sue funzioni mi ricorda molto: “Quer pasticciaccio brutto de via Merulana” di Carlo Emilio Gadda, (Milano 1893 – Roma 1973), questo si svolge nel periodo fascista e anche qui c’è un commissario della squadra mobile “Francesco Ingravallo”, forse è una combinazione che Gadda l’abbia scritto durante la sua permanenza a Firenze nel 1945? Inoltre anche in questo romanzo Ingravallo ha una donna di nome Paola che non vede mai a causa del suo lavoro. Quindi credo che sia lecito pensare che Vichi si sia ispirato a Gadda almeno in questo romanzo, non potendo io parlare per gli altri, però ho notato che ne ha scritto uno dal titolo molto simile: “Una brutta faccenda”.
Al riguardo mi piace ricordare anche se fuori tema, un meraviglioso trasferimento cinematografico interpretato e diretto da Pietro Germi, (1959) “Quel maledetto imbroglio”; e se ancora si trova in streaming sarebbe utile vederlo o rivederlo, per verificare la poesia del bianco e nero del cinema neorealista italiano.
Concludo la mia recensione che sicuramente non sarà apprezzata dagli estimatori di questo scrittore che ha tanto successo in tutto il mondo, premettendo che “De gustibus non disputandum” questo romanzo non mi ha intrigato né come giallo né come noir e né come storie di vita vissuta, ed anche se sono fiorentino sin dalla nascita, non mi sono fatto coinvolgere dall’ambientazione nostalgica della mia città.
Nessun commento:
Posta un commento